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Home Reggio Calabria Cronaca

‘Ndrangheta. Operazione Arma Cunctis: tolte di mezzo le armi l’indagine si allarga alle cosche

by newz
26 Giugno 2018
in Cronaca, Primo Piano
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Giuseppe Lombardo

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Reggio Calabria. Sono 63 gli indagati per i quali la Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria, diretta dal procuratore capo Giovanni Bombardieri, ha chiesto al gip l’arresto nell’ambito dell’operazione Arma Cunctis, condotta oggi dalla Polizia di Stato (con la squadra mobile diretta dal primo dirigente Francesco Rattà e il commissariato di Siderno) che ha eseguito 28 arresti (15 in carcere e 13 ai domiciliari, più 8 misure cautelari dell’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria).
Tre i capi d’accusa ipotizzati dalla DDA: associazione per delinquere di stampo mafioso; associazione per delinquere finalizzata al traffico di armi, con l’aggravante mafiosa, collegata all’associazione mafiosa; e infine associazione per delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti. La DDA contesta poi una vera miriade di reati fine, un centinaio le condotte individuate, relative a reati in materia di armi e droga.

Rigettata la richiesta cautelare per associazione mafiosa
Quanto all’associazione a delinquere mafiosa nel mirino della DDA, si tratta della potente cosca Commisso di Siderno, ma attiva anche in Canada e in particolare a Toronto, organizzata in diversi gruppi criminali tra loro collegati in una “società” (‘ndrina di contrada Donisi, ‘ndrina di contrada Lamia, ‘ndrina di contrada Ferraro, ‘ndrina di Siderno Superiore, ‘ndrina di contrada Salvi, ‘ndrina di contrada Oliveto). I due principali indagati in tale contesto sono Bruno Filippone e Francesco Filippone, mentre per altri indagati in concorso si procede già nell’ambito delle tre maxi operazioni dalle quali scaturiscono anche le indagini di Arma Cunctis: operazione Falsa politica, operazione Recupero-Bene Comune; e operazione Crimine.

Il gip, Natina Pratticò, non ha ritenuto integrato il grave quadro indiziario in ordine al reato di associazione mafiosa nei confronti dei due fratelli Filippone, già assolti in passato dall’accusa per il medesimo reato.  Secondo il gip, che ha rigettato la richiesta nei confronti di Bruno e Francesco Filippone, non si può escludere il dubbio che alcuni elementi di accusa siano stati già sottoposti al vaglio giudiziario concluso con la sentenza assolutoria per il reato di 416 bis nei confronti dei due fratelli.

Rigettata anche l’aggravante mafiosa
Se il gip ha rigettato la richiesta cautelare per associazione mafiosa, rigettando anche l’aggravante mafiosa per l’associazione a delinquere finalizzata al traffico di armi, ciò però non significa affatto che il reato previsto e punito dall’articolo 416 bis esca definitivamente dall’inchiesta, anzi a giudicare dalle parole del procuratore aggiunto Giuseppe Lombardo, tolte di mezzo le armi per evidenti ragioni di urgenza, proprio la ‘ndrangheta è la pista su cui si concentra adesso tutta l’attenzione degli inquirenti.

«In questa fase le contestazioni sono fluide – ha dichiarato stamani Lombardo spiegando perché l’associazione dedita al traffico di armi viene definita “collegata e funzionale” alle cosche – e soprattutto devono essere modellate a quelle che sono le acquisizioni su cui già ci sono risposte complete. Ecco perché organismo di servizio, proprio perché ci sono altre tematiche da approfondire, anche i riferimenti al canale maltese, che non è da trascurare non perché si parla di Malta, ma perché si parla di relazioni con l’estero, che ovviamente in relazione al traffico di armi assumono certamente un grande spessore, proprio perché sappiamo che la ‘ndrangheta interloquisce con altri territori, e soprattutto sappiamo che in quei territori va a replicare il suo modello operativo, quindi non è detto che parlando di estero non si stia parlando sempre di ‘ndrangheta». 

Fabio Papalia

Tags: 'ndranghetaaggravante mafiosaassociazione mafiosaBruno Filipponecosca commissofrancesco filipponefrancesco rattàGiovanni BombardieriGiuseppe LombardoNatina Pratticòoperazione arma cunctisoperazione crimineoperazione falsa politicaoperazione recupero-bene comunereggio calabria
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