Roma. Oggi è stata pubblicata la Relazione Semestrale della Direzione investigativa antimafia relativa al 2° semestre 2017. Il documento analizza così la ‘ndrangheta nella provincia di Catanzaro:
In provincia di Catanzaro permane la forte influenza della cosca cutrese dei GRANDE ARACRI, mentre nel capoluogo si conferma l’operatività del clan dei GAGLIANESI e degli ZINGARI, attivi soprattutto nei quartieri meridionali. Il locale che fa capo alla famiglia GALLACE di Guardavalle, alleata con la cosca reggina RUGA-METASTASIOLEUZZI, si attesta nel basso versante jonico-soveratese. Nel semestre in esame due esponenti della cosca GALLACE, entrambi in passato coinvolti nell’operazione “Itaca- Freeboat” del 2013, sono stati duramente colpiti sotto il profilo patrimoniale dalla Guardia di finanza: ad ottobre sono stati sequestrati diversi fabbricati ed automezzi, per un valore di circa 1 milione di euro, mentre nel mese di novembre sono stati sequestrati un ristorante, un’autovettura e rapporti finanziari, per un valore di circa 300 mila euro. Con riferimento al ristorante, si segnala che il destinatario del provvedimento di sequestro (resosi irreperibile al momento dell’esecuzione della citata operazione del 2013), nel mese di febbraio del 2015 è stato catturato dai Carabinieri in un nascondiglio ricavato sotto la cella frigorifero dell’esercizio commerciale in parola, gestito dalla madre. Fa capo alla medesima famiglia GALLACE anche la cosca GALLELLI, colpita, nel mese di dicembre, dalla Polizia di Stato, nell’ambito dell’operazione “Pietranera”. Questa si è conclusa con l’arresto di 7 soggetti, tutti affiliati alla cosca e responsabili di estorsione aggravata dal metodo mafioso, nei confronti dei titolari di un’azienda agricola di Badolato (CZ). Nel territorio di Soverato (CZ) e comuni limitrofi, si conferma la presenza della cosca SIA-PROCOPIO-TRIPODI. Nel territorio delle pre-Serre e, specificamente, nei comuni di Chiaravalle e Torre di Ruggiero, rilevano le famiglie IOZZO-CHIEFARI. Le famiglie CATARISANO-ABBRUZZO-GUALTIERI-COSSARI insistono sui comuni jonici di Borgia e Roccelletta di Borgia, mentre nella zona di Vallefiorita e aree limitrofe risultano operativi i TOLONE-CATROPPA. Le famiglie PANE-IAZZOLINO e CARPINO-SCUMACI-BUBBO sono attive, infine, nella zona nota come “pre-Sila”. Il territorio di Lamezia Terme risulta convenzionalmente ripartito in tre aree, rispettivamente presidiate dai clan IANNAZZO, CERRA-TORCASIO-GUALTIERI e GIAMPÀ, costantemente attivi nelle estorsioni, cui si affiancano compagini di minor rilievo.
Nel mese di luglio, la Polizia di Stato ha fatto luce su un caso di interrelazione fra diverse consorterie, portando a termine l’operazione “Outset”, con l’arresto di 8 dei 17 indagati, riconducibili ai lametini GIAMPÀ ed alle cosche vibonesi dei LO BIANCO e dei cd. PISCOPISANI. Le indagini hanno disvelato mandanti ed esecutori di un omicidio avvenuto nel 2002 nella frazione Porto Salvo di Vibo Valentia, nonché due ulteriori fatti di sangue – originati da faide tra clan – avvenuti nel 2006 sulla strada statale 522, tra Vibo Marina e Pizzo Calabro. Il successivo mese di ottobre, la DIA ha eseguito un decreto di sequestro – sviluppo dell’operazione “Andromeda” del 2015 – nei confronti del genero di un esponente di rilievo della cosca GIAMPÀ, ucciso in un agguato di chiaro stampo mafioso nel mese di settembre del 1992. Il provvedimento ha privato il proposto di un patrimonio costituito da una ditta individuale (attiva a Lamezia Terme nel comparto della costruzione di edifici), da diverse quote societarie, da 2 beni immobili e rapporti finanziari, per un valore complessivo di circa 1 milione di euro. Sempre nell’area lametina, si continuano a registrare legami tra sodalizi locali e la famiglia MANCUSO di Limbadi. Risultano, altresì, consolidati i rapporti tra i CERRA-TORCASIO-GUALTIERI, le ‘ndrine di San Luca e soggetti di origine albanese, finalizzati all’approvvigionamento di stupefacenti. L’operazione “Crisalide”, conclusa nel maggio 2017, nei confronti proprio dei CERRA-TORCASIO-GUALTIERI, ha portato, nel mese di novembre, allo scioglimento del Consiglio comunale di Lamezia Terme. Tra le persone coinvolte nelle indagini sono emersi alcuni esponenti politici, indagati per scambio elettorale politico-mafioso in precedenti elezioni amministrative, nonché per concorso esterno in associazione mafiosa, avendo chiesto e fruito dell’appoggio elettorale della cosca. Nella proposta di scioglimento a firma del Ministro dell’Interno viene, infatti, dato atto della sussistenza di concreti, univoci e rilevanti elementi, su collegamenti diretti ed indiretti degli amministratori locali con la criminalità organizzata di tipo mafioso e su forme di condizionamento, sottolineando che “…ulteriore rilevante elemento che evidenzia un contesto ambientale compromesso è rappresentato dalla sussistenza di cointeressenze, frequentazioni, rapporti a vario titolo tra numerosi componenti sia dell’organo esecutivo che di quello consiliare con soggetti appartenenti alla criminalità organizzata. Al riguardo il prefetto evidenzia che successivamente alla loro elezione e fino ai primi mesi del 2016 il sindaco ed il vice sindaco, entrambi avvocati, hanno assunto, contemporaneamente, la veste di difensori di fiducia di esponenti di massima rilevanza delle cosche lametine e di loro sodali e quella di organi di vertice dell’amministrazione comunale…”. Oltre a Lamezia Terme, la provincia in esame è stata segnata, nel semestre, dallo scioglimento del Comune di Cropani (CZ), scaturito dalle risultanze dell’operazione “Borderland” del novembre 2016, condotta dalla Polizia di Stato e culminata con l’arresto di 48 soggetti della famiglia TRAPASSO di San Leonardo di Cutro (KR) e di quella alleata dei TROPEA-TALARICO di Cropani (CZ). Nel corso delle investigazioni, sono state confermate significative proiezioni nel nord Italia, con specifico riferimento all’Emilia Romagna, nonché il condizionamento dell’attività del Comune di Cropani (CZ) e delle operazioni di voto del maggio 2014, nella prospettiva di ottenere l’aggiudicazione di appalti e servizi pubblici. Tra i destinatari dell’ordinanza cautelare figurava anche il Vice Sindaco, per il quale è stata disposta la custodia in carcere per concorso esterno in associazione mafiosa. Anche in questo caso, nella proposta di scioglimento a firma del Ministro dell’Interno si dà atto della sussistenza di concreti, univoci e rilevanti elementi su collegamenti diretti ed indiretti degli amministratori locali con la criminalità organizzata di tipo mafioso, evidenziando come, l’uso distorto dell’attività amministrativa, si fosse concretizzato nel favorire soggetti o imprese vicini ad ambienti malavitosi. In ultimo, si segnala l’avvenuto scioglimento, nel mese di novembre, anche del Consiglio comunale di Petronà. Nella proposta di scioglimento a firma del Ministro dell’Interno, nel segnalare le forme d’ingerenza sull’Ente da parte della criminalità organizzata, viene evidenziato come diversi esponenti della compagine di governo e dell’apparato burocratico annoverassero relazioni di parentela, affinità o frequentazione con soggetti controindicati ovvero con elementi di primo piano dei sodalizi localmente dominanti. Emblematica, in tal senso, “…è la vicenda relativa ad un dipendente comunale che è stretto parente di una persona di forte spessore criminale, nonché affine dell’ex vicesindaco con delega al bilancio, forestazione, agricoltura ed urbanistica, il quale è a sua volta legato da vincoli di affinità ad un elemento di spicco di uno dei gruppi criminali egemoni sul territorio, oltre ad avere rapporti di frequentazione con personaggi apicali della ‘ndrangheta locale…”. Ha poi formato oggetto di approfondita analisi anche il settore degli affidamenti di lavori e servizi comunali, il settore della raccolta e del trasporto dei rifiuti solidi urbani, il servizio di mensa scolastica ed il servizio di igiene pubblica.