Reggio Calabria. Stefania Craxi, sottosegretaria di Stato agli Esteri, è stata ieri in riva allo Stretto per presentare col sindaco Giuseppe Scopelliti la “Prima riunione dei sindaci delle città costiere del Mediterraneo”, che si terrà a Reggio il prossimo autunno. A margine dell’incontro l’esponente del governo Berlusconi ha accettato un’intervista per Newz.it
[ad#ad-1]
Reggio città metropolitana o capitale del Mediterraneo?
«Da ieri area metropolitana, da sempre una grande capitale del Mediterraneao, per la sua posizione geografica ma anche per cultura e storia. Si conferma una vocazione antica, il governo ha pensato di mettere in piedi questa conferenza dei sindaci delle città costiere perché attribuisce molta importanza a quella che in gergo diplomatico chiamiamo “city diplomacy”. Sono le città costiere le prime che affrontano i problemi legati all’incontro fra culture diverse in merito all’immigrazione».
Un rinnovato interesse dell’Italia verso il Mediterraneo, si avvera il sogno di Bettino Craxi?
«Craxi aveva addirittura immaginato tra Reggio e Messina un’unica grande città chiamata “Mediterranea”, una grande Hong Kong del Mar Mediterraneo, un porto franco capace di essere il centro degli scambi economici-culturali-politici del Mediterraneo».
In questo disegno il porto di Gioia Tauro cosa rappresenta?
«Il porto di Gioia Tauro è un tassello importante del mosaico, un hub importante per fare della Calabria un ponte di lancio per le piccole e medie imprese nell’area del Mediterraneo e anche, si parla molto di autostrade del mare, un centro di raccordo per i commerci di tutta l’area».
Un Mediterraneo più vicino e un’Europa sempre più lontana dalla Calabria?
«Tutti i problemi e le opportunità che il Mediterraneo ci porta non riguardano solamente il nostro Paese, penso ad esempio al tema dell’immigrazione, un tema complesso che ha più di una sfaccettatura. C’è un’immigrazione utile, che può e dev’essere fattore di sviluppo del nostro Paese, e c’è l’immigrazione clandestina che è un fenomeno illegale spesso gestito da veri e propri mercanti di uomini che va invece stroncato. Entrambe le facce dell’immigrazione, che non è temporanea ma epocale, non possono essere affrontate nel loro complesso solo dal nostro Paese o da quelli rivieraschi, ma vanno affrontate dall’Europa tutta intera».
Una previsione sulle elezioni per il rinnovo dell’Europarlamento?
Le elezioni saranno un grande successo per il centrodestra. Mi aguro che lo siano anche le elezioni amministrative che da anni hanno scontato il problema di una scarsa selezione della classe dirigente, ricodo nel 1994 ci fece perdere la totalità delle elezioni amministrative, un tema a cui il Pdl sta pontendo rimedio mettendo in campo candidati migliori, come Pino Gentile, che mi piace ricordarlo è di storia riformista-socialista, in corsa a Cosenza per le elezioni provinciali».
Se nel Mediterraneo i rapporti di cooperazione vanno migliorando, in Medio Oriente la situazione resta critica, Craxi era considerato “filo-arabo”, oggi qual è il politico italiano che meglio incarna quella tradizione di buoni rapporti diplomatici con il mondo arabo?
«La posizione del governo è sempre stata la stessa, a difesa della sicurezza di Israele e del diritto dei palestinesi ad avere una patria, è solo cambiato il momento storico. Quando Bettino Craxi e Giulio Andreotti sostenevano la causa palestinese lo facevano in un momento in cui gli israeliani cullavano il sogno di una Grande Israele. Oggi il governo italiano chiede che ci sia la pace, la formazione di un governo di unità nazionale in Palestina, che possa essere interlocutore di pace e riconosca Israele, e altresì chiediamo a Isralele di fare passi forti, cessare di costruire insediamenti illegali, riaprire le frontiere con Gaza, rendersi protagonista del processo di pace non abbandonando la strada aperta dalla confernza di Annapolis. È una posizione equilibrata, leale, amica di entrambi i popoli contendenti. Naturalmente tutto ciò va fatto con il concorso dell’Unione europea, della nuova amministrazione americana, e con tutti gli altri attori regionali che possono dire la loro, dai paesi del Golfo alla Siria alla Turchia, all’Iran».
L’Iran, non è un altro capitolo aperto sul tavolo della diplomazia internazionale?
«È un tasto dolente, gli Usa hanno fatto un’apertura, l’Iran va incoraggiato a cogliere questa occasione per rassicurare la comunità internazionale e per svolgere nella regione un ruolo positivo».
L’amministrazione di Barak Obama però ultimamente sembra più preoccupata di guardare alla crisi economica entro i propri confini che agli scenari internazionali.
«Non sono d’accordo, la nuova amministrazione Usa ha inserito fin da subito tra le priorità il processo di pace accendendo molte speranze e chiedendo altrettanta responsabilità».
Fabio Papalia