Oltre alle opere ancora da completare, ve ne sono alcune di cui avremmo sinceramente fatto a meno. La pista ciclabile, ad esempio, la vogliamo cancellare?
Sì. Anche qui però siamo di fronte a una valutazione che non deve avere fretta. O la cancelliamo completamente o cerchiamo di trovare le risorse per renderla civile e non quel non senso che è adesso. Su questo, prima di scegliere concretamente quale delle due sia la soluzione migliore dobbiamo avere chiaro il quadro con i nuovi funzionari che si occuperanno di questo servizio. Ci sederemo a tavolino, avvalendoci anche del contributo dei 145, che soprattutto nel settore tecnico sarà importante, dovremo capire intanto cosa è successo, e se il Comune deve tutelarsi anche attraverso azioni di responsabilità nei confronti di chi in un modo o nell’altro ha consentito questo obbrobrio, e poi valutare se è il caso di correggerla, di modificarla se ci sono le condizioni, o di cancellare questa ulteriore macchia in città. E’ chiaro che così com’è non ha senso sotto mille punti di vista: i panettoni in cemento sono fuorilegge, quella striscia amaranto norma vuole che non sia una striscia ma un tappetino gommato, quindi di materiale diverso dall’asfalto, e poi una pista ciclabile non può passare su un marciapiede e soprattutto non si può interrompere su un ponte così, senza nessuna logica.
Questo in generale ci porta a una riflessione sull’utilizzo dei fondi comunitari. Partire con l’idea di fare un urban center in via Aspromonte e avere una piazza come tante altre, significa che qualcosa è andato storto anche tra quello che avevi programmato e quello che in realtà hai eseguito. Oltre a un utilizzo parziale dei fondi comunitari c’è anche un utilizzo diverso rispetto alle idee originarie. Anche su questo una corsa contro il tempo per evitare di perdere i fondi. Bisogna accelerare sul Corso Garibaldi, su piazza duomo e sul lido comunale.
Fin qui i fondi comunitari, poi c’è la programmazione del Pon Metro e la Programmazione Comunitaria 2014-2020 che non riguarda opere pubbliche ma l’efficientamento energetico degli edifici, la rigenerazione urbana, la mobilità, le smart city, l’inclusione sociale e in generale il settore dei servizi sociali. Un’attività un po’ più di concetto, per questi sette anni l’Unione Europea punta molto sulla mobilità sostenibile e sulle smart city. Una città molto avanti su questo è Barcellona, della quale vorrei copiare soprattutto lo slogan, oltre naturalmente al percorso che fanno: “Barcellona, città di persone”. Dà l’idea della sostenibilità a 360 gradi che un comune deve avere nei confronti dei propri concittadini, anche sotto il profilo informatico. abbiamo la necessità intanto di informatizzare tutti gli uffici, il Comune di Reggio Calabria ha il Sit, il sistema informatico di trasmissione, che funziona al 10% delle sue potenzialità. Ciò comporta che ancora si utilizza la vecchia pratica di spostare materialmente le lettere da una parte all’altra quando avere un sistema informatizzato di trasmissione consente anche di incrociare quei dati, ad esempio tra le attività produttive, il bilancio e la polizia municipale, che permettono un monitoraggio continuo e costante dei flussi di pagamento e che anche sotto il profilo della prevenzione possono portare a limitare o eliminare alcuni abusi che ci sono soprattutto nell’utilizzo di utenze come la spazzatura o l’idropotabile. A quest’ultimo proposito, abbiamo il centro di telecontrollo inattivo. Capire perché è inattivo e se ci sono le fonti per utilizzarlo significa che non deve chiamare la signora di Gallico per dirci che c’è una perdita nella sua zona, significa che appena hai un problema c’è il monitor che te lo segnala subito, quindi un controllo a 360 gradi in tempo reale significa anticipare i tempi di intervento e ridurre i disagi dei cittadini.
A proposito di aggeggi tecnologici guasti, da quel che sappiamo noi non c’è più una telecamera di sorveglianza funzionante in tutta la città.
Nessuna. Servono sotto tanti punti di vista. Intanto per la sicurezza dei cittadini che oltre a volersi sentire vicine le forze dell’ordine e il vigile che cammina per strada vogliono sapere che la presenza di una telecamera possa essere anche da deterrente, non soltanto per azioni di micro e macro criminalità, ma anche per evitare che chi ancora oggi non si mette in testa che il frigorifero non si può buttare accanto al cassonetto lo faccia, ma anche per consentire un monitoraggio continuo anche dei nostri luoghi di interesse artistico e culturale. Ad esempio il Castello Aragonese che è di prossima apertura non prevede la presenza di telecamere di sicurezza. Questo mi pare un paradosso. Non solo perché è di fronte alla Corte d’Appello e alla Procura Generale, ma anche nell’idea di una visione di voler rendere il Castello Aragonese un luogo all’interno del quale ospitare delle mostre permanenti, l’assenza di misure di sicurezza come le porte blindate o il monitoraggio attraverso sistemi di controllo renderebbe impossibile fare un’operazione del genere. Quindi anziché andare a singhiozzo e intervenire zona per zona, è il caso di fare una mappatura generale dei bisogni e dei luoghi dove prevedere queste telecamere, reperire attraverso progetti o fondi esterni all’ente la possibilità di installarle, ma soprattutto fare un ragionamento sulla possibilità di manutenerle, altrimenti si fa come è successo: si installano le telecamere e poi non ci sono i soldi per il monitoraggio e quindi un nulla di fatto.